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Poesia ?

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Cos'è la poesia tutti noi lo sappiamo: parola, verso, musica, canto, danza, bellezza, ecc. tuttavia volendo speculare sul significato intrinseco al 'fare poesia', mi sento di assecondarla nel 'fare violenza', verbale s'intende, (ma non solo), poiché in fondo è questo che la rende 'viva' o quanto meno 'sentita', come dire, maggiormente 'vissuta', straordinariamente 'oltre' il senso della parola, così come va oltre il verso che la contiene, la musica che la diffonde, il canto e la danza che le danno forma, fino a raggiungere (quando la raggiunge) quella 'bellezza' che la rende sublime. Voi tutti che mi leggete, cosa ne pensate?  

 Lorenzo Mullon - 11/05/2012 22:02:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Per me la poesia, per come la vivo, è una tecnica per avvicinarsi alla realtà così tanto da poter saltare dall’altra parte. Avevo scritto un aforisma su questo, è esattamente quello che sento.
Credo che noi tutti (quasi tutti, insomma...) la poesia non la sappiamo utilizzare pienamente, rimaniamo troppo spesso all’involucro delle parole, all’aspetto intellettuale. C’è qualcosa che non riesce a realizzarsi, e si riflette negativamente nelle nostre vite concrete. Un parto che non avviene, un parto senza partenza. Restiamo dalla parte meno interessante della scrivania.
Da qui una certa noia, di cui parlano molti poeti, che mi sembra davvero incomprensibile, se non in questo inceppo esistenziale.
Gravissima la perdita della tradizione orale, aver staccato la parola dal corpo è un crimine forse non del tutto inconsapevole. Ahhh, il progresso........................

 Giorgio Mancinelli - 11/05/2012 07:33:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]

Gentile Eleonora, rispondo volentieri al tuo commento perché ritengo che ogni apporto è senz’altro utile per me, nel trovare quel ’filo’ che inseguo da tempo riguardo alla possibilità della poesia di essere in qualche modo ’aggressiva’ (per stemperare un poco quel ’violenza’ che pure ho usato interrogativamente). In realtà lo intendevo più nel senso di Horderlin che in quello di Diotima. Ma ben venga ogni possibile intepretazione, perché solo in questo modo potrò avere una gamma maggiore di ’concetti’ su cui muovermi e (forse) risolvermi nell’intricato labirinto in cui mi muovo (ahimè ancora al buio). Grazie per esserti proposta di interloquire con me su questo argomento. A presto quindi, ti aspetto.

 Leonora Lusin - 07/05/2012 16:27:00 [ leggi altri commenti di Leonora Lusin » ]

Caro Giorgio,
definire è operazione antipoetica all’estremo e la violenza si addice, anzi è la natura della filosofia.
Io mi sentirei forse di parlare degli effetti della poesia oppure di andare a spiarne concepimento, gestazione e nascita sulle orme di Diotima. Può interessare? Un saluto.

 Domenico Morana - 27/04/2012 09:07:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

Ma caro Giorgio, che diatribe e risentimenti? E certo è che non mi sento affatto escluso, tant’è che sentivo di partecipare alla chiacchierata e l’ho fatto… E non ti sei forse rivolto a tutti? Lo so benissimo questo… Probabilmente sono stato frainteso o forse ho alzato un po’ troppo il gomito in questo bar e ho straparlato, mentre eri intento a non ascoltarmi… Non c’era alcuna volontà di polemizzare o di recriminare. Su cosa poi? Era solo una riflessione ad alta voce sull’amarezza del tuo precedente commento. Ma come al solito mi sono lasciato contagiare dall’emozione finendo per essere ancora più amaro di te. Questo almeno mi sembra adesso il risultato del mio sproloquio, a giudicare dalla tua risposta.
Ti prego in ogni caso di credermi in buona fede. Ripeto: non volevo essere polemico o manifestare sentimenti che non mi appartengono. Sono stato infelice nell’esprimermi. Non volevo dir nulla di quello che hai letto nel mio commento. Spero che anche queste mie parole non vengano prese per altro da quello che sono: l’espressione d’un pensiero debole. A scanso d’equivoci ci metto sopra un fiocco con su scritto “resa incondizionata”… ;)))

Con simpatia e affetto

Domenico

 Giorgio Mancinelli - 27/04/2012 07:54:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]

Con simpatia e affetto.
Gentilissimo Domenico, hai pensato che potevi essere proprio tu colui al quale mi rivolgevo? Non è così. Non c’è un colui né una colei, così come non ci sono scrittori o poeti che possano dirsi ‘rinnegati’ o ‘maledetti’ o ‘cancellati’ dalla mia lettura, figurati che leggo anche i biglietti del bus per poi accorgermi che sono sbagliati. Quanto tu riferisci alla mia persona potrebbe anche essere giusto, non lo so perché non mi auto-giudico, non in questo contesto. So però che ho lanciato sul web una domanda (la stessa) e ho ricevuto molte risposte più o meno interessanti, in quanto al perché l’ho fatto è per voler conoscere quanti, tra coloro che scrivono di poesia, abbiano qualcosa da dirmi a riguardo. Se non vuoi rispondere, perché per tua ammissione ‘non sai’ è molto semplice, non lo fare. Non per questo me ne avrò, continuerò a leggerti comunque e ogni volta che ciò che scriverai mi sembrerà interessante ti commenterò con il piacere di farlo. Oppure mi stai chiedendo di ‘spiegare’ il lavoro che svolgo e le ragioni per cui mi occupo di certe cose e in che modo? Per questo ho un sito personale ma mi sembra esserci anche la possibilità sul sito larecherche.it di scrivere direttamente a ognuno di noi. Io qualche volta lo uso e invito anche te a farlo, specialmente quando si vogliono lanciare ‘diatribe’ o ‘risentimenti’ come stai facendo. Perché se ti sei risentito per i “quattro amici al bar” e non ti senti di farne parte, significa non solo che non hai lo spirito giusto per farne parte ma, probabilmente, la volontà. Mi permetto qui di rammentarti che ‘i soliti amici’ sono quelli che nel bene e nel male poi si rincontrano nello stesso posto (bar) come punto di ripartenza per ogni ‘avventura’ della vita. Tu puoi restare fuori dal ‘coro’ se lo preferisci, nessuno ti obbliga a entrarvi, poi però non risentirti se con Loredana ho esternato, nel modo comune e accettato di parlare tra ‘amici’, quello che poteva essere un mio risentimento personale. E scusa se non era rivolto a te.

 Domenico Morana - 26/04/2012 20:02:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

Carissimo Giorgio, forse attendersi qui che un "coro" risponda a un appello è già autopunirsi arresi alla delusione, considerato che chi si vota a contribuire con i propri scritti a questa bellissima avventura che è LaRecherche, lo fa proprio perché si sente voce "fuori dal coro". Questo mi sembra, se non mi sbaglio, al di là di maggiori o minori consapevolezze o di "scelte" di "poetica", lo spirito che anima pressoché tutti gli autori che pubblicano qui.

Anche il "leggersi addosso" non credo sia vizio comunemente diffuso, a giudicare dal fatto che, commenti o non commenti, partecipazione a forum e discussioni o confronti o altro (abbiamo assistito, per la verità raramente, anche a vere e proprie gazzarre), la vita della rivista scorre sana, come è normale se vuole essere duratura: tra alti e bassi, tra accensioni "corali" e periodi in cui è l’andamento "sottotono" - sottotraccia direi piuttosto - a dominare, in cui si zittisce la voglia o la capacità di "confronto", quasi ciclicamente.

E la corrispondenza quasi perfetta col susseguirsi di feste sacre e profane, il volgere delle stagioni o il richiamo a pubbliche o personali cronache negli idioletti multicolori che virano d’età in età, di sesso in sesso, dalla morte al mattino, dal grigio allo scarlatto sangue al nero più fondo, al verde, ad accensioni azzurre, non fa che parlarci di terrestrità, d’umanità che vuol esser letta mentre e perché scrive la propria vita o vive la propria scrittura. E, in breve, sempre di tensione all’altro si tratta, in muto o parlante desiderio, di uscita dalle prigioni del sé, a patto di tornarci nel momento in cui s’intende scrivere/descrivere il doppio movimento dell’impossibile fuga... E intendi che alludo proprio al poeta Bataille (guarda caso un filosofo rinnegato) e al suo "impossibile". Era in nome suo proprio la mia "Battaglia", pubblicata giorni addietro, il cui titolo aveva incuriosito il carissimo Nando per "affinità semantiche". :-)))

Che dire? Mi ripeto, o meglio ripeto quanto, prima e meglio detto da altri: non si fa letteratura con la letteratura, non si fa vita con la vita. Stiamo qui, tutti, mettendoci in gioco, tutti con generosità e talvolta rischiando (il senso d’incomprensione, la frustrazione, l’indifferenza, il dolore, la felicità, ecc.)

"Cos’’è la poesia tutti noi lo sappiamo: parola, verso, musica, canto, danza, bellezza, ecc. tuttavia volendo speculare sul significato intrinseco al ’fare poesia’, mi sento di assecondarla nel ’fare violenza’, verbale s’intende, (ma non solo), poiché in fondo è questo che la rende ’viva’ o quanto meno ’sentita’, come dire, maggiormente ’vissuta’, straordinariamente ’oltre’ il senso della parola, così come va oltre il verso che la contiene, la musica che la diffonde, il canto e la danza che le danno forma, fino a raggiungere (quando la raggiunge) quella ’bellezza’ che la rende sublime. Voi tutti che mi leggete, cosa ne pensate?"

Ti dico che io non so cosa è la poesia. Come non so cos’è la mia vita. Vedo solo che s’intrecciano e l’una attinge forza dall’altra, trova senso, vive e muore nell’altra, e viceversa. Altro non so. Mi sembra d’essere perfettamente d’accordo con te. Per il resto trovo le idee e le argomentazioni che le sostengono tutte estremamente convincenti. Soggiaccio sempre alla forza delle idee, specie quando vengono presentate in modo brillante. Sarà per una certa loro virtù d’attrazione magnetica. Ma mi resta sempre un fondo di sospetto, forse sono solo interessato a uscir fuori da me stesso piuttosto che rientrarci o forse sono solo una testa di legno.

Pensavi a qualcuno in particolare, speravi che fosse proprio quel qualcuno a rispondere all’appello? È in gioco quella meraviglia che s’impossessa di noi quando vediamo come la nostra opinione sugli esseri che ci toccano da vicino possa modificarsi senza posa? Definiamo questo: metterci in gioco. Ma per gli altri, ci contentiamo di giudicarli alla grossa, e una volta per tutte. Come capita di fare nelle chiacchierate tra quattro amici al bar...

Non è che forse non si trattava di dare un diverso taglio, meno "tecnico", alla tua "provocazione"? Magari puntando più direttamente al perché, diverso certo per ognuno di noi, di stare qui su LaRecherche? Forse non sarebbe stato disertato il tuo appello, o forse ugualmente. Ma gli splendori e le miserie di chi si vuole "indimenticabile" saranno il solito affare dei biografi. Più che evocare Proust faremmo meglio a sperare in un nuovo Balzac, capace di rimpolpare di poesia gli esangui ectoplasmi delle nostre virtuali commedie umane.

Con simpatia e affetto.

Domenico

 Lorena Turri - 26/04/2012 15:08:00 [ leggi altri commenti di Lorena Turri » ]

Sono convinta anch’io del potere verbale della poesia, del suo "agire con forza", dunque della sua "violenza". Perchè poesia non è incanto, ma parola che smuove e scuote.
Emily Dickinson diceva che era Poesia quando, legggendola, le scappellava al testa, e non credo si riferisse propriamente alla sua cuffietta.

 Giorgio Mancinelli - 26/04/2012 08:32:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]

Carissima Loredana, ho atteso di sentire qualche altra voce del coro pure chiamata all’appello, e non è la prima volta che lo faccio, se hai notato in quasi tutti i miei articoli o saggi c’è sempre una richiesta di collaborazione che ritengo utile non solo per me stesso (noi) ma anche per rendere viva la rivista cui collaboriamo. Ma è inutile alla fin fine siamo i ‘soliti quattro amici al bar’ che rispondono, anzi se di privilegio si può parlare, puoi dire di essere la prima e la sola privilegiata a voler ‘comunicare’, grazie. Talvolta temo che le mie tematiche, sempre provocatorie, spaventino, oppure che siamo tutti così presi dal ‘leggerci addosso’ che non impostiamo queste pagine come un richiamo, come uno scambio di pensiero collettivo, e non mi spiego il perché. Comunque tengo a spiegarti la mia supposizione di ‘violenza’ viene proprio da questo ‘forzare la situazione’ , quella ‘realtà’ che in qualche modo ci sfugge e che vorremmo far nostra, oppure che vogliamo ‘sfuggire’ al pari di una ‘fuga dalla realtà’ che non ci piace, o che non ci soddisfa. In questi lunghi anni che mi dedico allo studio della ‘psicologia del profondo’ credo di aver fatto delle scoperte sull’umano sentire che mi hanno lasciato interdetto. Per farti un esempio riporto qui un brano di un filosofo francese ancora poco studiato che si chiama Georges Bataille: “Tutte le scappatoie sono benvenute per allontanare l’immagine eroica (che costruiamo di noi stessi) e seducente della nostra sorte: non c’è più posto in un mondo dove il bisogno di essere fa difetto, se non per l’immagine senza attrattiva di essere utile. Ma se questa mancanza di bisogno è ciò che di peggio può capitare, essa è tuttavia sentita come una beatitudine. Il male appare soltanto se la persistenza dell’ ‘amor fati’ rende estranei al mondo presente”. Ti assicuro che c’è molto, ed è tantissimo di più. Ma questo per dirti ben venga chi, come noi due, sente il bisogno di comunicare. Se non altro significa che siamo vivi! Con affetto Giorgio.

 Loredana Savelli - 23/04/2012 15:24:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Giorgio, se definiamo bene il termine "violenza", penso di essere d’accordo con te. Infatti la poesia di per sè è inutile, se provoca, invece, può avere una sua "utilità" nello scardinare certi vizi della parola stessa e ancora di più dei comportamenti. Però per "provocare" non è necessario essere "violenti", si provoca di più col silenzio, o con un suono sommesso che non appartiene al nostro mondo. Dipende. A volte uno strillo ben assestato è efficace. A volte basta uno sguardo, a volte una stretta di mano, a volte una battuta, a volte un delirio.
Certo, io sono tra quelli che sostengono l’inutilità della poesia e dell’arte in genere. Che senso ha il movimento isterico di un contrabbassista in un assolo di jazz?
Eppure poi tutto ti sembra più accettabile, più "semplice" (ho delirato?)
Un saluto

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